Ottobrata Romana

Contemplare, pallido e assorto, la lunga teoria di auto sui Lungotevere in festa, che partendo da chissà dove arriva a ponte Mazzini senza mai interrompersi, nei secoli fedele come l’Arma. “Er sottopasso è pericolante”, dice greve ma cortese il vigile preposto alle vampate d’odio delle migliaia di disgraziati che, proprio oggi, hanno preso la macchina. C’è lo sciopero dei mezzi, che vuoi fare. Magari aprire (solo per oggi, eh) i varchi del centro storico? Non sia mai. Per farlo ci vorrebbe una testa pensante, un sindaco magari. Magari.

Svicolo con lo scooter, osservando le facce dei dannati del venerdì nero. Ma anche io mi devo fermare un momento, nella trincea d’asfalto, ed ecco che avverto un considerevole peso sulla scarpa destra. Anzi, è il piede che lo avverte, con dolorosa perplessità. L’automobilista che è salito sul suddetto piede (mio) mi guarda, non sapendo che dire. Io: “Scusi, potrebbe liberare il mio piede?” Lui fa retromarcia, per i dieci centimetri consentiti dal mare di lamiera. “Grazie.” E riparto.

Tornando a casa, transito dalle parti di Fontanella Borghese, e occhieggio il vernissage provvidenziale che potrebbe esimermi dall’allestimento di un misero desco serotino. Seguo la guida rossa, come mi prescrive l’addetto, entro. Lo sfarzo della mostra è pari alla pochezza del catering. Pare che vadano di moda i taralli pugliesi, accompagnati da un calice di vino. Due grappoli d’uva nera ornamentali, e c’est fini.

I quadri, orrendi. Il pubblico, un tableau vivent totalmente disinteressato all’arte ma felice di essere lì, per qualche motivo oscuro.

La vera sorpresa, in una dependance della galleria, affacciata sulla meravigliosa piazza Borghese, ancora echeggiante dei bisticci tra Valeriona Marini e Vittorio Cecchi Gori: Il morto obliquo vi sorprende nella posizione che vedete in foto, sospeso, forse indeciso tra inferno e paradiso. Viene dal Lungotevere?