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Madama Letizia.

  • giorgiocavagnaro
  • 23 ott 2019
  • Tempo di lettura: 1 min

C’è una teoria interessante, che riguarda i musei. Secondo molti esperti il contenitore, cioè l’edificio destinato a custodire e rivelare al mondo opere d’arte inestimabili, non deve rivaleggiare in splendore ed armonia col contenuto, cioè con le opere stesse. Da architetto, sono abbastanza d’accordo. Infatti, andando a vedere la bella mostra sugli impressionisti a palazzo Bonaparte, affacciato su una piazza Venezia diventata ormai invivibile come quasi tutta Roma, non cercavo Monet e Renoir. Cercavo Letizia, la madre di Napoleone.

Ogni volta che passavo nella piazza, il mio sguardo si liberava dell’opprimente presenza del monumento a Vittorio Emanuele e si posava sul balconcino dove Madame Mére, Letizia Ramolino in Bonaparte, ha passato gli ultimi anni di vita. Letizia aspettava il ritorno del figlio, esiliato a Sant’Elena. La immaginavo piccola, pallida, smunta, disperata. Osservava il viavai di carrozze, sullo sfondo dei Fori Imperiali e del Campidoglio, protetta dalle persiane verdi che coprono ancora oggi interamente il balcone, o mignano, come chiamano a Roma di quel tipo di terrazzino.

Oggi sono andato finalmente a trovarla, sul mignano. Non ha detto una parola, limitandosi a guardarmi con un’espressione interrogativa.

La mostra era bella, le sale del palazzo favolose.

Ma io volevo solo restare qualche secondo accanto a lei, a mormorarle una parola di conforto, e a ricordare una Roma perduta per sempre.


 
 
 

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