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La casa di Morbegno

  • giorgiocavagnaro
  • 8 nov 2019
  • Tempo di lettura: 2 min

Che fosse una realtà, nessuno ne dubitava. C’erano le foto, e poi le testimonianze dei legittimi proprietari e di tutto il clan familiare ad essi legato erano di quelle che mai nessuno avrebbe osato mettere in discussione. Anche se, al di fuori del suddetto clan, si contavano sulle dita di una mano (col resto di varie falangi) quelli che avevano messo concretamente piede nell’edificio noto nella mia famiglia da almeno sessant’anni come “La casa di Morbegno”.

Ma andiamo con ordine. Morbegno è una graziosa località della Valtellina, all’incirca equidistante da quel ramo del Lago di Como e dalle montagne svizzere. Una posizione invidiabile, per i taciturni e cortesi valligiani che consapevolmente la occupano.

Mio fratello (ecco il fatto decisivo) sposò nei lontanissimi primi anni sessanta, una valligiana importante, trasferita a Roma per motivi, ovviamente, importanti. Da allora la casa, come una nonna benevola e sobria, non ha mai abdicato alla sua missione di buen retiro familiare per almeno tre generazioni, e chissà quante ancora in futuro. Perché è solida, la casa. Come la gente di queste parti. Tre piani costruiti in pietra e due sottoterra. Le cantine in cui una volta si facevano il vino e i formaggi, e un antico torchio è ancora lì a dimostrarlo, insieme ad attrezzi che la gente di oggi faticherebbe molto a identificare, scendendo per scale da film giallo ancora impregnate di odori antichissimi.

Sì, avete indovinato. Sono stato ospitato nella casa di Morbegno. Sono diventato un privilegiato dito della mano, con tutte le falangi. Ho dormito per tre giorni in una camera bellissima, affacciata sul giardino traboccante di verde, fiori e alberi da frutta. Mi sono scaldato al fuoco del camino, al ritorno da scampagnate in luoghi bellissimi e sconosciuti, con la pancia piena di pizzoccheri, bitto, polenta taragna e altre leccornie dai nomi incomprensibili, pronunciati a bassa voce dagli schivi locali quasi avessero paura di essere depredati dei loro tesori.

Non ho sentito menzionare per tre giorni i nomi e le misere vicende che intossicano e opprimono il nostro paese, ed è bastato per sentirmi una persona migliore.


Speriamo che mio fratello inviti anche voi, prima o poi, nella casa di Morbegno.

 
 
 

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