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I giocatorini

  • giorgiocavagnaro
  • 17 gen 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

I giocatorini erano stupendi. Oggetti favolosi, totalmente costruiti in casa dai mitici grandi fratelli, incollando sul rovescio dei numeri di una vecchia tombola (in modo perfetto, era tutto perfetto ciò che loro facevano) i tondini di carta che fungevano da magliette. Gialle e rosse quelle della Roma, bianche e azzurre quelle della Lazio, interamente viola la Fiorentina. Con tanto di numeri scritti a penna, da uno a undici. Il portiere, per la verità, era più grande, per la necessità fisica di difendere le porte, realizzate in cartone robusto e così accuratamente piegato da stare in piedi anche oggi, vedi foto. Tutta roba di prima della plastica, naturalmente, e di quel plagio inguardabile che chiamano “Subbuteo”. Il pallone poi, era un vero gioiellino: un bottone piccolo, da camicetta femminile, marroncino chiaro. La forma ricordava pari pari quella di un mini-Ufo, i dischi volanti come erano concepiti nei film di fantascienza anni ’50, tipo “Ultimatum alla Terra”. Il tutto rifletteva in modo perfetto un calcio da Niccolò Carosio, essenziale e senza fronzoli, un calcio da ascoltare alla radio o da intravedere nelle “telefoto” dei quotidiani, sgranate e drammatiche.

L’energia che faceva volare sul tavolo

i giocatorini era il movimento manuale costituito dallo scatto tra il pollice e l’indice noto come “schicchera”. La schicchera preesisteva di eoni a qualunque gioco infantile. Si può perfino ipotizzare che sia stato addirittura il primo movimento dell’homo sapiens, appena impratichito con la conquista del pollice opponibile, ma su questo non ci sono certezze.

Per me piccolissimo, una partita ai giocatorini sul tavolo da cucina, con uno dei fratelli che mi massacrava di gol, era il massimo della vita. Mi piacerebbe prendermi la rivincita con mio figlio ora che sono riemersi, miracolosamente recuperati dal luogo in cui il grande fratello li custodiva, uno dei suoi magici ricoveri dove riesce a fermare il tempo. Secondo me si divertirebbe un sacco. Il problema è trovare in casa un tavolo abbastanza grande, abbastanza libero e abbastanza levigato. Come un certo tavolo di cucina col piano di marmo alto tre dita, di quelli che non usano più.

 
 
 

2 Comments


giorgio cavagnaro
Jan 17, 2020

Grazie!

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valecicc
Jan 17, 2020

Questo di oggi è un capolavoro.

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